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Nel 2022 il tasso di disoccupazione nell'Unione europea era del 6%, mentre in Italia era del 7,9%. Gli effetti della crisi pandemica sono stati gravi e perdurano, specie tra i giovani, le donne e al Sud. L'Italia continua a detenere il primato negativo di giovani disoccupati che non studiano né si formano (Neet).

Notizie

Impact investing in aumento, ma manca un allineamento con gli SDGs

Negli ultimi cinque anni, famiglie e fondazioni hanno raddoppiato gli investimenti a impatto, che rappresentano oggi il 31% dei loro portafogli. A influenzare le decisioni sono criteri Csr ed Esg, ma manca un collegamento strategico con l’Agenda 2030.

Investimenti che mirano a generare impatto sociale e ambientale oltre che un ritorno finanziario: è l’impact investing, o investimento a impatto. Sono sempre di più le fondazioni, le famiglie facoltose e gli high net worth individuals (persone con ampie disponibilità patrimoniali ad alto potenziale di investimento) che indirizzano il proprio capitale in settori chiave per lo sviluppo sostenibile, dalle tecnologie pulite alla micro-finanza, dalla salute e l’educazione all’agricoltura sostenibile. Eppure soltanto per un quarto di questi soggetti le motivazioni alla base degli investimenti sono legate alla realizzazione dell’Agenda 2030. È questo il primo dato che emerge dall’edizione 2018 del rapporto “Investing for Global Impact”, realizzato dal Financial Times in collaborazione con Global Impact Solutions Today (Gist) e la banca inglese Barclays.

Il rapporto, che dal 2013 analizza la misura e le modalità in cui famiglie facoltose e fondazioni del mondo si approcciano all’impact investing e alla filantropia, si basa su un sondaggio condotto su 325 partecipanti che detengono un patrimonio complessivo di 123 miliardi di dollari.

Secondo l’indagine, negli ultimi cinque anni la quota di investimenti a impatto nel portafoglio finanziario dei soggetti analizzati è raddoppiata, raggiungendo il 31% degli investimenti totali. Inoltre, il 40% dei rispondenti al sondaggio considera l’investimento a impatto un elemento centrale del proprio portafoglio (+ 5% rispetto allo scorso anno), il 30% ha in attivo molteplici investimenti di questo tipo e il 28% dichiara di averne effettuato uno e di essere in procinto di effettuarne altri.

Tra i fattori che influenzano maggiormente le decisioni di investimento, il 75% dei soggetti dichiara di essere animato da motivi reputazionali, il 72% si ispira a criteri Esg (environmental, social, governance) e il 61% a pratiche di Csr (corporate social responsibility). Le aree tematiche a supporto delle quali vengono effettuati gli investimenti sono varie: dalle tecnologie verdi e l’energia pulita (il 46% dei soggetti ha in campo investimenti in questo settore), al cibo e l’agricoltura (37%), all’educazione e la formazione (36%).

Nelle scelte di investimento non manca, quindi, la considerazione di fattori non finanziari. Eppure quasi tre quarti dei rispondenti al sondaggio non considera rilevanti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile ai fini delle proprie decisioni finanziarie e non ritiene, inoltre, che i propri investimenti siano orientati alla realizzazione dell’Agenda 2030. Il 18%, poi, non ha mai sentito parlare degli SDGs o di come questi possano essere rilevanti nelle strategie finanziarie.

Si tratta di una situazione su cui sarà importante lavorare, in quanto fondazioni, famiglie e individui possono giocare un ruolo centrale nell’orientare i mercati finanziari verso la generazione di impatto positivo. Sottolinea il rapporto: “allineare gli obiettivi del portafoglio finanziario a quadri regolatori internazionali assicura un uso più efficiente (e, sperabilmente, efficace) delle risorse”. E ancora: “Le famiglie facoltose non devono re-inventare la ruota…beneficerebbe tutti se la mettessero in moto lungo il sentiero che è stato già predisposto”.

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di Lucilla Persichetti

lunedì 30 luglio 2018

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