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Aumentano gli omicidi di attivisti per i diritti umani, giornalisti o sindacalisti: tra gennaio e ottobre 2018, in 41 Paesi ne sono stati uccisi 397. Peggiora sensibilmente la situazione italiana, dovuta soprattutto a un aumento del sovraffollamento delle carceri (114 detenuti per 100 posti disponibili nel 2017). A livello regionale, la maggior parte delle variazioni negative si registrano nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Sud questa tendenza è invertita.

Notizie

L'apostasia che uccide: in 12 Paesi non abbracciare alcuna fede può comportare la pena capitale

Nel "Freethought Report 2017" dell'International humanist and ethical union emerge un quadro preoccupante in 30 Paesi, con nuove sentenze di morte per il reato di apostasia in Sudan e Arabia Saudita. Critiche anche all’Italia.

Sono almeno 85 gli Stati, tra cui l'Italia, in cui non abbracciare una fede comporta disparità di trattamento. Il "Freethought Report 2017", presentato dall'International humanist and ethical union il 5 dicembre al Parlamento europeo, tratteggia una fotografia globale poco rassicurante: in 30 Paesi, per la maggior parte Stati islamici o con una popolazione in prevalenza di fede musulmana, le discriminazioni sono molto gravi e almeno in 12 Paesi per l’apostasia è prevista la pena capitale.

Il Rapporto sottolinea come la situazione globale sia lungi dal mutare segno e anzi nel 2017 siano avvenuti sette nuovi casi di pericolose persecuzioni. Pakistan, India e Maldive si sono macchiati di tre omicidi di umanisti o atei che avevano espresso le loro idee mentre violente incitazioni all'odio si sono manifestate in Malesia, Mauritania e sempre in Pakistan, generando un clima di grande rischio per l'incolumità di atei e agnostici.

Si contano infine nuove sentenze di morte per il reato di apostasia in Sudan e Arabia Saudita, dove ai prigionieri di coscienza Raif Badawi, Waleed Abulkhair e Ashraf Fayadh si va a sommare ora anche Ahmad Al-Shamri, che ha perso l'ultimo appello possibile contro la pena di morte comminatagli nel 2015 per apostasia, solo per aver postato su Facebook alcuni video ritenuti sacrileghi.

“Mio marito è un liberale musulmano eppure il mio Paese, l'Arabia Saudita, lo ha condannato per apostasia”, spiega Ensaf Haidar, attivista per i diritti umani e moglie del blogger Raif Badawi, al quale, dopo una prima sentenza di morte nel 2012, è stata infine imposta una reclusione di dieci anni in prigione, oltre alla pena corporale di mille frustate. “L'accusa?”, prosegue Haidar, “Aver aiutato la realizzazione di un blog che veicolasse idee liberali, come ad esempio che le istanze religiose non dovessero entrare nell'agenda politica. La semplice idea che Raif stesse abbandonando l'Islam è stata usata contro di lui per demonizzarlo. Non importa se sei un umanista, musulmano, ateo o ebreo, agnostico o cristiano. Nessuno al mondo dovrebbe affrontare un simile processo per aver espresso una visione del mondo. Le libertà di pensiero ed espressione sono i nostri diritti umani”.

Secondo il rapporto, la situazione dell'Italia evidenzia molte criticità. In base ai 60 indicatori utilizzati per compilare l'analisi dei singoli Stati, l'Italia si posiziona nella seconda fascia, quella dei 55 Paesi dove almeno uno di tali indicatori è stato violato in maniera seria, anche se non gravissima come nei 30 Paesi dove le libertà sono più compromesse. Al nostro Paese si rimproverano in particolare due fenomeni: da una parte l'insegnamento delle materie religiose è obbligatorio nella maggior parte delle scuole pubbliche e non prevede la presenza di alternative laiche o umaniste; dall'altra, si legge, “le autorità di governo portano avanti agende politiche conservatrici ispirate dal mondo religioso, con poca considerazione dei diritti di coloro che hanno una visione più progressista”.

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di Elis Viettone

lunedì 11 dicembre 2017

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