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Sdsn: fuori strada sull’Agenda 2030 ma “nessuno degli SDGs è irraggiungibile”

Il Sustainable development report chiede una profonda revisione dell’architettura finanziaria globale e invita gli Stati a rafforzare il multilateralismo. Aumenta il divario tra Paesi ad alto e basso reddito. 5/7/23

Gli SDGs affrontano un periodo turbolento. Nonostante gli sforzi molti governi non sono riusciti ad integrare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nelle politiche nazionali e negli investimenti pubblici. Inoltre, la polarizzazione sociale, il populismo e i crescenti conflitti geopolitici ostacolano la cooperazione globale necessaria per l’attuazione dell’Agenda 2030, e l'architettura finanziaria internazionale non riesce a convogliare la giusta quantità di investimenti necessari. È la sintesi del rapporto “Sustainable development report 2023. Implementing the SDG Stimulus” pubblicato il 21 giugno dal Sustainable development solutions network (Sdsn), l'organizzazione senza scopo di lucro lanciata dalle Nazioni unite nel 2012.

Fuori strada

A metà dell'Agenda 2030, tutti gli SDGs sono seriamente fuori strada, dice il Rapporto. Negli ultimi anni i progressi sono stati lenti e disomogenei all’interno e tra i Paesi. L’SDG index è passato dal 64% del 2015 al 66% del 2019. Poi, con l'inizio della pandemia, i progressi si sono fermati. Nel 2022, l'indice è stato del 67%. Alle tendenze attuali, basate su semplici proiezioni, c'è il rischio che il divario tra Paesi ad alto e basso reddito sia più ampio nel 2030 (29 punti) rispetto al 2015 (28 punti). Tuttavia, nonostante l’inversione dei progressi, “nessuno degli SDGs è irraggiungibile”.

Figura 1. Andamento SDG Index world


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I cambiamenti climatici

Il mondo è fuori strada per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dall'Accordo di Parigi. Il riscaldamento globale nel 2022 si è attestato a 1,2°C, con un riscaldamento che continua a superare 0,3°C per decennio. A questo ritmo, la probabilità di superare 1,5°C, anche entro un decennio, è molto alta. Secondo l'Emissions Gap Report 2022 dell'Unep, le attuali politiche mettono il mondo sulla buona strada per raggiungere un aumento della temperatura di 2,8°C entro il 2100. Tutte le dimensioni della biodiversità sono minacciate.

Figura 2. SDG Dashboard a metà dell'Agenda 2030

Scarsità di acqua e inquinamento

La scarsità d'acqua colpisce oltre il 40% della popolazione mondiale. Si stima che 1,8 miliardi di persone dipendano da acqua potabile contaminata da rifiuti umani. I beni e i servizi oceanici soffrono a causa dello sfruttamento eccessivo di quasi il 90% degli stock ittici globali. Le crisi che colpiscono i nostri oceani sono incessanti, multidimensionali e complesse: pesca eccessiva, distruzione degli ecosistemi delle zone umide costiere, inquinamento degli estuari da azoto e fosforo, acidificazione degli oceani, inquinamento marino e innalzamento del livello del mare.

L’istruzione

Fornire un'istruzione di qualità a tutti i bambini è forse la chiave più importante per raggiungere uno sviluppo sostenibile a lungo termine. Eppure, centinaia di milioni di bambini non vanno a scuola o ricevono un'istruzione scarsa, con risorse insufficienti tali da non riescono a raggiungere l'alfabetizzazione e la matematica di base anche dopo diversi anni di istruzione.

Fallimenti e successi della governance sostenibile

Tutti i governi del mondo, evidenzia il Rapporto, hanno abbracciato, almeno in linea di principio, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. 188 dei 193 Stati membri dell’Onu hanno presentato Voluntary national review. Solo cinque Paesi, Stati Uniti, Haiti, Myanmar, Sud Sudan e Yemen, non hanno mai presentato Vnr. Quattro di questi Paesi sono devastati dalla violenza e dalla povertà. Gli Stati Uniti rappresentano un'eccezione clamorosa.

La maggiore responsabilità per il raggiungimento degli SDGs e la salvaguardia dei confini planetari ricade sui membri del G20. Questi Paesi rappresentano più dell'80% del Pil globale, circa il 70% delle foreste mondiali, oltre il 60% della popolazione terrestre e oltre il 50% della sua massa continentale. Gli Stati Uniti, in quanto prima economia mondiale in termini di Pil e primo produttore di petrolio e gas, hanno la responsabilità verso sè stessi e verso il resto del mondo di intraprendere un'ambiziosa trasformazione verso gli SDGs. Con l'Inflation Reduction Act del 2022, il governo Biden ha annunciato l’intenzione di ridurre le emissioni di carbonio di circa il 40% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, ma crescenti preoccupazioni fanno pensare che i risultati non siano quelli attesi.

L'Unione europea, la seconda economia mondiale, ha prodotto il Green Deal europeo, “documento esemplare sotto molti aspetti”. Molti Stati Ue dimostrano un impegno elevato verso gli SDGs. Il Green Deal abbraccia una serie di obiettivi e strategie fino al 2050, in particolare su: decarbonizzazione energetica, resilienza climatica, economia circolare (per ridurre l'inquinamento), agricoltura sostenibile (con la strategia "From farm to fork”), accesso digitale e innovazione. A sostegno del Green deal sono state mobilitate risorse finanziarie, in particolare il dispositivo dell'Ue per la ripresa e la resilienza. Anche il Fondo europeo di sviluppo regionale, che fornisce i fondi di coesione è indirizzato verso il Green deal. Tuttavia, sottolinea il Rapporto, il Green Deal e le politiche Ue in generale mancano di un allineamento completo con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Figura 3. L’Italia e gli SDGs


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La Cina, la più grande economia mondiale in termini di potere d'acquisto e il più grande produttore di carbone, intende attuare gli SDGs integrandoli nelle sue strategie di sviluppo nazionale a medio e lungo termine. Pechino ha già presentato due Vnr all'High level political forum e di recente ha ribadito il suo sostegno agli SDGs, ad esempio, rendendo più ecologica la sua Belt and Road Initiative e lanciando la Global Development Initiative.

Alcuni Paesi del G20 hanno preso impegni meno vincolanti nei confronti degli SDGs (vedi il Brasile), mentre la maggior parte dei Paesi più poveri non ha accesso a i mezzi finanziari necessari per attuare gli SDGs.

La strategia del Sustainable Development Solutions Network

Il Network punta su sei aree di intervento: istruzione universale di qualità ed economia basata sull’innovazione; accesso e copertura sanitaria universale; sistemi energetici a zero emissioni di carbonio; ecosistemi, agricoltura sostenibile e resilienza climatica; città sostenibili; servizi digitali universali.

Ognuna di queste sfide richiederà investimenti pubblici e privati, supportati da processi di trasformazione tecnologica e una solida strategia di finanziamento.

Il Rapporto individua cinque leve da mettere in campo per realizzare le trasformazioni necessarie: governance, economia e finanza, azione individuale e collettiva, scienza e tecnologia e capacity building. Lo sviluppo di strategie di finanziamento potrebbe essere sostenuto utilizzando la metodologia dei quadri integrati di finanziamento nazionali, già in fase di sviluppo in più di 80 Paesi a livello globale. Mentre i Paesi ad alto reddito e i Paesi a reddito medio-alto dovrebbero  finanziare queste trasformazioni attraverso una combinazione di spese di bilancio, prestiti del settore pubblico e finanziamenti privati, per i Paesi a basso e medio-basso reddito, questo non è sempre vero. ​Una ricerca della Sdsn e del Fondo monetario internazionale ha rivelato l'enorme divario finanziario che devono affrontare le nazioni che appartengono alla metà più povera del mondo. Secondo le stime del 2019, per 57 Paesi in via di sviluppo a basso reddito, c’è un deficit di finanziamento degli SDGs che oscilla tra 300/500 ai 1.000 miliardi di dollari all'anno, a seconda dei settori analizzati.

Per garantire che le risorse finanziarie siano utilizzate per investimenti sostenibili, le istituzioni finanziarie internazionali devono incorporare gli SDGs e la salvaguardia dei limiti planetari nei loro mandati politici. il 25 febbraio il segretario generale Onu Antonio Guterres ha presentato il piano “SDG Stimulus”, che si basa su cinque componenti principali:

  1. Aumentare i finanziamenti delle banche multilaterali di sviluppo e delle banche pubbliche di sviluppo ai Paesi in via di sviluppo.
  2. Potenziare l'Iniziativa per la sospensione e riduzione del servizio del debito per i Paesi che affrontano difficoltà debitorie.
  3. Aumentare la liquidità da parte del Fondo monetario internazionale e delle principali banche centrali.
  4. Rafforzare e accrescere i fondi globali specializzati.
  5. Espandere la filantropia privata.

Infine, conclude il Report, sono necessari ulteriori investimenti nella capacità statistica e nell'alfabetizzazione dei dati per supportare i percorsi a lungo termine. Le statistiche suggeriscono che i finanziamenti internazionali in tal senso sono diminuiti tra il 2019 e il 2021. Inoltre, in un ambiente ricco di informazioni, cittadini e decisori hanno bisogno di conoscenze e strumenti capaci di trasformare i dati e informazioni scientifiche in prove, azioni e politiche a lungo termine. Secondo importanti studi internazionali, sono ancora troppo pochi gli adolescenti in grado di distinguere un fatto da un'opinione.

 

di Tommaso Tautonico

mercoledì 5 luglio 2023

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